L’area tutelata è una valletta ubicata nel comune di Berbenno, in Valle Imagna, a non molta distanza dalla frazione di fondovalle Ponte Giurino, all’interno della quale scorre il Torrente Brunone, che dà il nome al sito.
L’ambito è attraversato da un’articolata rete di strade poderali che conducono a cascinali isolati e a frazioni di mezza costa ed è caratterizzato in prevalenza da ambiti boscati con intercalate piccole praterie. La caratteristica principale di questo luogo è però dato dalla presenza di numerosi affioramenti rocciosi della formazione delle Argilliti di Riva di Solto, presenti lungo entrambi i versanti che conservano al loro interno importantissimi strati fossiliferi depositati durante il Triassico superiore in concomitanza con la crisi delle facies della piattaforma carbonatica.
Entro questa straordinaria ricchezza fossilifera è stato individuato, sin dai primi anni Settanta del secolo scorso, un giacimento paleontologico di rilevanza mondiale, denominato ‘Ponte Giurino’. Proprio qui, a partire dal 1976, sono stati rinvenuti rettili fossilizzati (Eudimorphodonranzii, Drepanosaurusunguicaudatus), pesci (Pholidophoruslatiusculus, Parapholidophorusnybelini, Pholidopleurussp., Saurichthyssp., Dapediumnoricum, Pseudodalatiasbarnstonensis, Thoracopterusmagnificus, Dandyaovalis) oltre a molluschi crostacei, insetti e allo spettacolare esemplare completo di libellula fossile Italophlebiagervasuttii.
Le principali stazioni paleontologiche si trovano a circa 26 metri al di sopra della linea di contatto con la formazione della Dolomia Principale; negli strati inferiori è stato recentemente trovato il nuovo crostaceo Pseudocoleiamazzolenii e l’esemplare giovanile di pterosauro, l’Eudimorphodonranzii, che conserva la più antica testimonianza fossile al mondo delle membrane alari. Alcuni metri più in alto è stata identificatauna successione fossilifera contenente pesci e numerose nuove specie di crostacei, alcuni dei quali, come a ad esempio il Lepidosauro drepanosaurus, possono essere considerati rari rappresentanti della vita sulle terre emerse.I reperti sono il frutto di campagne di ricerca decennali condotte della sezione di geologia e paleontologia del Civico Museo di Scienze Naturali di Bergamo.
Sotto il profilo naturalistico il monumento naturale risulta quasi integralmente ricoperto da un bosco dove possono essere rinvenute specie quali faggio, frassino maggiore, betulla, carpino bianco, ontano nero, acero montano, roverella e castagno. Tra le resinose sono presenti alcuni esemplari di pino strobo e pino nero oltre all’abete rosso, quest’ultimo oggetto di interventi di forestazione intrapresi negli anni Ottanta del secolo scorso.
L’area è anche interessata dalla presenza di antiche fonti sulfuree, oggi pressoché inattive ma che hanno rivestito una notevole importanza nel passato per la cura di alcune patologie, tanto da essere menzionate dallo scienziato ottocentesco Antonio Stoppani nella sua opera del 1876 intitolata “Il Bel Paese”.